martedì 17 marzo 2009

QUALCOSA DI DIVERSO: il Cammino di Santiago

Quest’anno (2008) le ferie le ho passate in un altro modo: ho percorso una parte del Cammino di Santiago, partendo da LEON e percorrendo a piedi 315 chilometri, il 40% del cosiddetto Cammino Francese.
Il Cammino di Santiago ha un valore diverso per chiunque lo compia: che si parta all’avventura per un’escursione molto lunga o che lo si faccia come pellegrinaggio religioso; che sia motivo di ricerca di qualcosa di impalpabile oppure solo per una prova fisica, il risultato è in ogni caso strettamente personale e va compreso nel tempo, frugando fra le immagini viste, le persone incontrate, le parole udite e pronunciate, i malanni ai piedi e per molti anche le dolorose vesciche.
I partecipanti sono di tutti i tipi e di tutte le provenienze e naturalmente, con varie preparazioni. Dagli escursionisti provetti (pochi) ai camminatori improvvisati (la maggioranza), dai molti bikers (ormai troppi per loro stessa ammissione) fino ai rarissimi cavalieri.
Fra i tanti pellegrini che popolano il percorso si mischiano coloro, soprattutto spagnoli ma non solo, che partono dalla cittadina galiziana di Sàrria, distante solo 110 km da Santiago. E’ l’ultima partenza utile per poter ricevere all’arrivo la "compostella", l’attestato redatto per chi compie almeno 100 km a piedi, oppure 200 in bici o a cavallo. Si riconoscono subito perché sono ciarlieri ed hanno le scarpe pulite, mentre i "veterani" hanno tutti le calzature dello stesso colore, quello dei tanti strati di polvere che sembra non voglia più staccarsi.
Già, la compostella: un diploma su pergamena redatto in latino e che certifica il percorso fatto dal pellegrino che consegna la sua credenziale piena di timbri dei luoghi attraversati. La credenziale è il passaporto del pellegrino ed i timbri (selli in spagnolo) sono i visti applicati nei rifugi, nelle chiesette, in qualche bar lungo la strada.
Sposto lo sguardo dalla tastiera e guardo la compostella che ho incorniciato e appeso. Sinceramente mi dimentico di averla perché in realtà la mia, quella vera, la porto dentro ed è fatta dai ricordi e dalle emozioni provate giorno per giorno, dalle immagini che formano il mio personale film lungo tredici giorni.
Emozioni mie o viste sui tanti volti trovati lungo il viaggio, come ad esempio la pelle d’oca di una ragazza tedesca incontrata il primo giorno a Villar de Mazarife e ritrovata infine nella piazza dell’Obradoiro, davanti alla maestosa cattedrale.
Non conosco il suo nome né quello delle sue due amiche, come del resto loro non sanno il mio, ma eravamo tutti sul Cammino di Santiago e questo ci bastava per essere solidali e rispettosi l’un l’altro.
Quando ci siamo ritrovati a Santiago le tre pellegrine erano appena arrivate nella piazza e la cattedrale era una presenza percepita ma non ancora visualizzata. Ho fatto un cenno di invito all’interprete del gruppo e lei mi ha seguito verso il centro della piazza, voltandosi verso la grande costruzione solo quando gliel’ho indicata. E’ rimasta senza fiato, poi si è guardata le braccia e mi ha mostrato la pelle d’oca che aveva…
Sono stato colpito dalla sua reazione come se fosse mia e dai suoi mille ringraziamenti, finché non l’ho lasciata con le sue amiche in coda all’Opera del Pellegrino per registrarsi ed avere la loro compostella.
Non ho più visto lei o le sue compagne, ma quello nella piazza è stato un momento unico; come unica è stata la stretta di mano con Donald, il pellegrino del Quebec con il quale avevo stretto un sodalizio filosofico. Ci eravamo persi per il diverso passo tenuto sul Cammino e ci siamo ritrovati solo il giorno della mia partenza e del suo arrivo.
E’ stato toccante e ci siamo augurati il meglio per il nostro futuro e tanta buona fortuna, poi via ognuno sulle proprie gambe verso altri giorni e altri luoghi.
Il Cammino è anche questo, amici che trovi e porti con te nei ricordi.
Le emozioni però non ti aspettano solo nella grande piazza di Santiago o fra le navate della sua Cattedrale. Ti attendono durante tutto il Cammino, in posti mitici come la Cruz de Hierro oppure al passo de O’Cebreiro, ma anche sul ponte "Passo dell’Onore" a Puente y Hospital de Orbigo; oppure fra il verde di certi passaggi stretti fra le colline della Galizia o fra le macchie gialle delle ginestre sulle pendici dei monti.
Le sensazioni sono così contrastanti perché lungo il Cammino si è spesso persi fra campagna o colline, attraversando piccoli borghi e qualche città, talvolta agglomerati di poche costruzioni. In Galizia, l’ultima regione attraversata, spesso ci sono più mucche che persone a popolare questi borghi senza nome, con qualche cane indolente che non si sposta neanche se gli passi a pochi centimetri ma apre un solo occhio e ti guarda, magari pensando "toh, un altro umano a piedi".
Dopo giorni di poco rumore, alberi, campagna o colline, dormendo in ostelli silenziosi, ti abitui a quella tranquillità così che, quando raggiungi una città, resti sconcertato di quanto si possa dimenticare la vita moderna e soprattutto si possa farne a meno; allora non vedi l’ora di attraversarla e ritrovare la calma ed i suoni naturali della campagna.
Naturalmente non è tutto rose e fiori: dopo aver visto su internet tante foto di paesaggi o monumenti bellissimi ti aspetteresti di trovare le stesse emozioni nel vederteli davanti dal vivo e fin qui tutto bene, ma non sempre è così perché ogni giorno devi percorrere anche un sacco di chilometri in posti di scarso interesse, lungo strade asfaltate insignificanti o su sentieri uguali a quelli del giorno prima. Magari alla sera dormi in un rifugio scomodo o resti deluso dalla cena; magari sei stanco e non hai una gran voglia di visitare il paese e dopo qualche giorno ti ricordi che proprio là c’era quella certa statua o quel particolare che ti sei dimenticato di cercare e che hai perso.
Può essere una scusa per tornarci, come fanno tanti che percorrono il Cammino più volte. Ci sono delle varianti sul percorso e magari vederle tutte può essere interessante, come pure cambiare alloggio ad ogni tappa o addirittura cambiare posto di arrivo allungando o accorciando i tragitti.
Le possibilità sono molte e per tutti i gusti. Ci sono vari Cammini anche se il Cammino Francese (con la variante Aragonese) è quello universalmente conosciuto in tutta Europa e in gran parte del Mondo.
Essendo essenzialmente un escursionista non posso esimermi da parlare di quest’aspetto dell’esperienza.
Non è innanzitutto avventuroso come percorrere uno dei classici "sentieri lunghi" del mondo o la traversata appenninica del Sentiero Italia. Sul Cammino di Santiago si è per la maggior parte del tempo fra campagna e centri abitati, pur piccoli che siano; ogni sera mangi e dormi in strutture attrezzate e disponi di servizi regolari (a meno che non si parta con l’idea di dormire per terra dove capita e lavandosi solo alle fontane). In ogni caso non sei mai al di fuori della civiltà e le possibilità di essere veramente soli sul tracciato sono esigue vista la grande affluenza di pellegrini.
Il bello del Cammino è la possibilità di compierlo anche in spezzoni più o meno lunghi, questo grazie ai molti mezzi di trasporto utilizzabili per raggiungere la partenza prefissata. Certo sarebbe bello poterlo fare tutto in una volta ma occorre avere a disposizione almeno 40 giorni fra viaggi di andata e ritorno e le tappe (da 30 a 35 con chilometraggi abbordabili o facili, o meno di 30 se si fanno molti km al giorno). Ricordiamoci che il percorso Francese vanta circa 775 km, mentre la variante Aragonese arriva oltre gli 800.
Per quanto riguarda il mio percorso avevo suddiviso i 315 km in 13 tappe, la più lunga di 34 km e le altre dai 18 ai 30 km (la maggior parte fra 24 e 26) su terreni per lo più ondulati. La difficoltà maggiore, secondo la mia modesta opinione, è soprattutto il sole spagnolo che è forte in certi periodi dell’anno. Tutto sommato però è sopportabile vista la conformazione del territorio da attraversare (monti, colline, altipiani e zone verdi). Pur percorrendolo fra la fine di Giugno e l’inizio di Luglio io ho sopportato bene il caldo che temevo prima della partenza.
Una difficoltà rilevata, in termini tecnici, è stata la dura discesa dal Monte Irago (1500 metri) fino alla cittadina di Molinaseca (580 metri) su sentieri sassosi con molte pietre smosse, un gran rischio per caviglie e ginocchia. Per quanto concerne infine la salita al mitico passo de O’Cebreiro, questa non è proibitiva per la quota da raggiungere (1300 m), quanto più per le ripide rampe nel bosco dopo Las Herrerias fino a La Faba; poi il sentiero diventa come i nostri sull’Appennino e non è difficile.
Ultima annotazione sui materiali.
Avevo con me i miei soliti scarponcini (abbastanza usati) che hanno avuto una bella batosta, soprattutto sui tanti tratti asfaltati. Lo zaino era un 40 litri, riempito con un kit di pronto soccorso, un necessaire da bagno, ciabatte di plastica e sandali da riposo; 4 paia di calzini da trekking, 5 paia di slip in microfibra, 4 magliette tecniche, un paio di pantaloni corti e un paio di "corsari" con i quali ho camminato sempre, leggeri e super asciugabili e anti-raggiUV; una mantella da pioggia, un sacco-letto in seta (leggero e comodissimo) e un sacco a pelo di pile, utile quando le temperature calavano. Accappatoio leggero in microfibra e un grande cappello di paglia stile seminatore, utile sotto il sole; naturalmente una borraccia di alluminio e l’immancabile fotocamera digitale. Peso intorno ai 9,5 kg, forse troppi secondo le guide (parlano del 10% del peso corporeo, al massimo il 12%); in ogni caso non mi hanno scomodato mai, nemmeno in salita.
Se qualcuno è interessato al diario dell’esperienza si trova pubblicato in Internet a questo indirizzo: http://santiago.pellegrinando.it/diario_marco.htm
Consiglio finale. Vale la pena tentare quest’esperienza.
L’importante è programmarla, almeno in grandi linee per sapere cosa ci aspetta. Andare all’avventura senza saperne niente dei posti dove fermarsi e non avere un’idea né delle distanze, né della propria resistenza può essere l’unico vero rischio.

Marco Parlanti – Montecatini Terme
Pubblicato sul notiziario trimetrale IL LIBRO APERTO della sezione di Pistoia del C.A.I. - Novembre 2008

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